"Dovremmo insegnare ai nostri studenti a dormire nello stesso modo in cui insegniamo loro a leggere."

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Stanno lì, con gli occhi socchiusi, la fronte premuta contro il tavolo, come sconfitti da una battaglia invisibile. Nel silenzio dell'aula, si percepisce una pesante stanchezza, non solo fisica: la stanchezza di vivere in un mondo che li maltratta fin dal risveglio.
Dormire, nella nostra società alimentata dall'urgenza e soffocata dagli schermi, è diventato un lusso. È diventato anche politico. Dormire oggi significa disobbedire alle esigenze di performance, consumo e connessione costante. Per i miei studenti, a volte è una battaglia persa. Perché dobbiamo capire cosa significa vivere in un mondo in cui non abbiamo silenzio, né uno spazio tutto nostro, né un ritmo rispettato, né un modello familiare strutturante.
Dormire non è un'opzione. È una condizione di sopravvivenza, vitale quanto mangiare o respirare. Il cervello, quell'organo che la scuola richiede in ogni momento, non può funzionare senza un sonno ristoratore. Memoria, concentrazione, emozioni, capacità di ragionare e persino di sognare un'altra vita: tutto questo crolla se la notte è stata sostituita da TikTok, dall'ansia o dal freddo bagliore di uno schermo che rimane sveglio più a lungo dei genitori.
Destino silenziosoGli studi hanno dimostrato che dormire cronicamente meno di sei ore a notte è come vivere con l'intelligenza rallentata di un ubriaco. Eppure, permettiamo a questa privazione di prendere piede, come una silenziosa inevitabilità, nei quartieri popolari, tra i figli degli esuli e tra i giovani invisibili che le scuole cercano di salvare.
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